lunedì 27 giugno 2011

Novant'anni - Bologna



Lei ricorda Kien, il bibliomane di Autodafé di Canetti, che ascoltava i libri parlare fra loro di notte...
"E cosa vuole che facciano i libri di notte? Immagini la biblioteca dell'Archiginnasio, in inverno, gelo e neve fuori, buio dentro, i libri disposti in ordine bizzarro, per altezza e dimensione, magari si trovano fianco a fianco due volumi incompatibili, si parlano, litigano, si sfidano a duello... Poi la mattina, quando torna il bibliotecario, tutto è di nuovo in ordine."

Ne ha mai sorpreso qualcuno in flagrante?
"Sicuro. Non bisogna mai fidarsi di loro. C'era quel Battaglini, lazzarone d'un libro, un in-quarto di argomento religioso, malconcia rilegatura di pergamena, io non avevo tempo per ripararlo, ma lui era impaziente, anche un po' arrogante, allora lo sistemai per punizione in uno scaffale molto alto. E la carogna si vendicò: un bel giorno si buttò da lassù mentre passavo, mi colpì sulla spalla, per fortuna, se mi avesse preso in testa non sarei qui a raccontarlo. Lo vendetti subito, a poco prezzo, così com'era. Il nostro rapporto si era spezzato irrimediabilmente".


Sanno essere perfidi, i libri.

"Ma anche provvidenziali. Al fronte, nel '44, dopo il mio battesimo del fuoco, ero perso, disperato, sul punto di scappare, la sera sotto un covone di paglia mi tastai la giubba e trovai due libriccini che non ricordavo di avere preso, scelti perché stavano in tasca. Uno era Goethe, lo aprii a caso e lessi due versi: "Se l'inverno viene, può la primavera essere lontana?". Quel libro mi salvò dalla fucilazione per diserzione".


dall'intervista di Michele Smargiassi a Roberto Roversi su Repubblica di oggi