PREMESSA:
Questo blog ha l'urgenza di diventare serio: per serio intendo puntuale e con le maiuscole.
In forma di parole e di immagini, i contenuti sono incerti per il momento.
Questo blog è un esercizio, un impegno. Questo blog è un diario lasciato aperto sopra la scrivania. Tanto lì intorno ci passa quasi nessuno.
DUNQUE, DUNQUE...
ieri ho acquistato questo libro:
Non conosco bene l'autore, pubblicato da Guanda, e lo dico onestamente, al contrario di quanto mi pare ci sia l'abitudine di fare a proposito di libri (ma anche di liste elettorali, per esempio) in questi ultimi tempi. Ho visto il film tratto dalla sua opera prima: "Ogni cosa è illuminata". E l'ho trovato poetico. Bello. Soprattutto grazie a lui. Ho regalato ad un'amica la sua seconda fatica: "Molto forte. Incredibilmente vicino", ma ho letto solo le prime 25 pagine, ché poi gliel'ho dovuto dare. Quelle mi piacevano.
Poco tempo dopo ho visto un suo articolo interessante, su Repubblica. E ho atteso l'uscita di "Se niente importa. Perché mangiamo gli animali?".
In sintesi: essendo ipocondriaca, già da qualche tempo m'era venuta quest'idea di PENSARE a quello che mangio (va tanto di moda). Per semplificare: il pensiero del cibo finisce assorbito alla velocità della luce dalla nevrosi del naturale e, insomma, di lì alla filosofia del vegetarismo – detto anche vegetarianismo e vegetarianesimo (cit. Wikipedia) – il passo è breve. Almeno per quel che mi riguarda. Ma cosa sarebbe la vita senza il prosciutto crudo e le cotolette alla milanese, senza sushi?... Questo saggio mi è sembrato un buon modo per documentarmi: SEMBRA ONESTO, vediamo se mi convince. Si tratta di un'inchiesta condotta da un padre per il proprio figlio. Si tratta di uno scrittore giovane (è del 1977... ha la mia età!!!) e bravo, ma non solo: è la miglior promessa della letteratura americana contemporanea, dicono. E poi le torture e le barbarie subite dagli animali, ho pensato, saranno una motivazione forte per me, perché "Gli orrori quotidiani dell'allevamento intensivo sono raccontati in modo così vivido... che chiunque, dopo aver letto il libro di Foer, continuasse a consumare i prodotti industriali dovrebbe essere senza cuore o senza raziocinio": lo scrive il premio nobel per la letteratura J.M. Coetzee (vedi la IV di copertina). Io ce l'ho il cuore e pure il raziocinio. Insomma, comincio da qui. Imparerò.
Oggi leggo questo e, se avevo dubbi e perplessità, mi viene invece voglia di ricomprarlo mille volte, il libro. Santo cielo. Così demoliscono Salinger, con la spocchia tipica di quella cricca d'intellettuali radical chic (ma anche un po' pop – ché collaborano con Vasco Rossi – e trasversali, ché scrivere sul Giornale va bene: la cultura non ha bandiera politica) alla stregua di chi condanna Sanremo perché è noioso e il Grande Fratello perché è tv spazzatura (davvero?). E adesso mi tocca di sentire che "insieme a Jonathan Franzen, Dave Eggers e DAVID FOSTER WALLACE (con tutto il rispetto per la sua tragica vicenda umana), anche Foer è diventato un classico istantaneo: autori che hanno l'ambizione di lasciare una traccia ma che non evidenziano nemmeno un livido del nostro mondo che va a rotoli"... Questa sì che è una notizia. Mentre la complessità di Wallace è ridotta a un paragone con i milkshake, di D'Avenia e di Giordano si parla con l'attenzione di chi sta passeggiando su un campo minato. D'altra parte i loro libri magari fanno schifo, ma loro sono simpatici. E il problema vero è il web (come X Factor e Amici lo sono per la musica, certo).
Tornando a noi: ma che centrano i centri commerciali (wow!) e Rex e GreenPeace e Piero Angela con una denuncia di orrori e contraddizioni e lividi di questo mondo? Non è un romanzo! E' un reportage, un impegno, una ricerca documentata (spero). Mi sfugge il punto. Spettacolarizzazione? Con quali vantaggi? Che vuol dire che i problemi sono altri? Mi sa che il problema è ANCHE questo, invece.
Non ultimo, le stupide motivazioni che hanno spinto me a decidere di leggere Foer sono del tutto innocue (e anche Foer lo è) rispetto ai danni che le novità di Mondadori possono perpetuare. E sono certamente motivazioni più impopolari.
Insomma, su Foer ancora non posso esprimermi e mi spaventa l'idea che sia stato un best seller in America e, accidenti, Serino potrebbe anche aver ragione: non ne varrà la pena (ma lui l'avrà letto il libro? Spero di sì). Certo è che il sistema letterario, quello della critica e dei premi letterari (Paolo Giordano nel 2008 ha vinto Strega e Campiello) e pure delle recensioni autorevoli (prendete questa, che vale mille volte di più di una pagina del libro cui su riferisce) fa acqua da tutte le parti. Non serve che lo dica io. Magari non so fornirle, delle motivazioni serie, ma so riconoscerle. Sono arrivata al punto di fidarmi solo di anobii, e di qualcuno che conosco e degli amici di qualcuno che conosco.
Tutto questo per dire che ho comprato un libro e poi ne parlerò.
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